Relazione di Bilancio regionale 2022-2024
Oggi ci troviamo a discutere e valutare la manovra di Bilancio di previsione 2022-2024. Qualsivoglia manovra di bilancio si inserisce all’interno di un contesto sulla necessità del mantenimento degli equilibri di finanza pubblica a livello nazionale, con l’intento di supportare il quadro economico regionale. Sarebbe così se non ci trovassimo in un momento storico e economico particolare. Dobbiamo partire da una domanda: la crescita economica che stiamo vivendo è solo rimbalzo o un vero rilancio? Se fosse solo rimbalzo non ci sarebbe merito, se invece fosse una crescita vera abbiamo bisogno di una politica innovativa, soprattutto economica, che guidi il processo.
Non crescevamo da una ventina di anni, da quando abbiamo rinunciato alla svalutazione competitiva come motore di sviluppo. E’ anche vero che avendo perso quella svalutazione, abbiamo avuto molti shock economici, prima Lehman Brothers e ora il Covid.
L’Italia è l’unico Paese che nel 2019 non aveva ancora recuperato il PIL del 2007 e nel frattempo è arrivato la pandemia. Cosa c’è di diverso ora rispetto alla crisi del 2008? Noi stiamo recuperando il PIL del 2019, ovvero recuperiamo quello che abbiamo perso per il Covid in cinque trimestri mentre non siamo riusciti a recuperare quello che abbiamo perso dal 2008 in dodici anni.
Dobbiamo riconoscere qui i meriti dell’approccio del Governo Draghi, per la serietà e profondità con le quali ha portato avanti la campagna di vaccinazione, per la severità dei decreti Green Pass, ma anche per la sequenza di riforme concluse o in discussione in parlamento che ci avviano ad una qualità elevatissima del PNRR, inteso, non solo come somma di pur importantissimi investimenti, oltre 200 miliardi compreso il fondo complementare, ma anche come riorganizzazione dell’impianto della nostra economia.
L’Unione europea infatti è partita da una riflessione giusta sull’Italia: il nostro Paese non fa gli investimenti, non solo per scarsità di risorse (a causa del debito pubblico molto elevato) ma perché i meccanismi della nostra pubblica amministrazione sono così complessi che è quasi sempre impossibile spendere in tempo i soldi che si hanno, comprese le risorse europee ordinarie.
Quindi ci ha “imposto” di scrivere un PNRR che non si limitasse ad una selezione di interventi necessari e ben selezionati, ma che fosse accompagnato da un complesso di riforme capaci di sbloccare un sistema farraginoso e lentissimo. Ecco che allora in poco tempo abbiamo visto approvati dal Consiglio dei Ministri e in alcuni casi anche dal Parlamento la riforma della Giustizia penale e quella civile, la legge delega per la riforma fiscale, quella del codice civile per gli appalti e il disegno di legge sulla concorrenza. Insieme a questo si è evoluto anche l’idea che tutte le donne e gli uomini potessero partecipare a questo sforzo di crescita: si è costituito l’assegno unico universale per i figli e si stanno approvando la legge delega per la politica della famiglia e per la disabilità. Questo permetterà che le cure dei figli, della famiglia e degli anziani non sia un onere sociale solo sulle donne, spesso impossibilitate da questo ad accedere al mercato del lavoro. E’ anche per questo che una delle voci fondamentali del PNRR è dedicata agli investimenti sugli asili nido, sulla scuola, sulla formazione e sull’accesso, a parità di condizione, al mercato del lavoro.
Questa tragedia della pandemia ha rimesso soprattutto al centro l’esigenza di investire nella sanità pubblica, e in particolare in quella prima frontiera delle cure territoriali che si sono dimostrate, non solo in Lombardia ma anche nella nostra regione, come l’anello più debole dell’assistenza sanitaria. Basti pensare che in questi giorni in Liguria, a parità di contagi, rispetto alla media nazionale, i ricoverati sono il 50% in più.
Se questo è il quadro bisogna capire come questa Istituzione, al di là della propaganda politica, valuta di partecipare attivamente e positivamente a questo processo nazionale che è giudicato da tutto il mondo un ottimo esempio per come un Paese deve affrontare la pandemia e rilanciare l’economia.
Vediamo ora le caratteristiche specifiche della nostra Regione.
Noi siamo, non da adesso, una regione molto vecchia. La più vecchia d’Italia e una delle realtà più vecchie al mondo. Un rilancio demografico non si può solo invocare come obiettivo politico, o peggio propagandistico. Un clamoroso esempio di questo atteggiamento è quello del Sindaco Bucci che all’inizio del suo mandato ha promesso di riportare Genova a 700 mila abitanti: obiettivo clamorosamente fallito alla fine. Infatti i genovesi sono sempre di meno, tanto che negli ultimi tempi si è messo a contare, non solo quelli che abitano a Genova, ma quelli che ci vengono a lavorare. Certo è che questi ci venivano a lavorare anche prima. Ovviamente quello che sto dicendo qui vale per tutta la Liguria.
Sarebbe interessante esaminare alcune scelte per invertire questa rotta, per ringiovanire questo territorio. Nel passato le giunte regionali di centrosinistra ne avevano fatto uno: ha investito 16 milioni per l’IIT che ha attratto in città 2 mila giovani. Può lei Presidente indicare una scelta della sua Giunta che ha attratto in città forze fresche? Io sinceramente non ne ricordo.
Avete perso 6 anni per Erzelli. Forse ora partirà Università ma il vostro tentativo di realizzare l’ospedale attraverso i privati è stato un flop: il bando è andato deserto.
Ora siete tornati sull’idea dell’Ospedale pubblico, tenendo insieme le competenze mediche con quelle scientifiche (medicina-ingegneria): il progetto è ambizioso e stimolante ma non abbiamo capito con quali risorse possa essere attuato poichè non risulta che il PNRR vengano finanziati interventi di questo tipo. Questo obiettivo del rilancio demografico certamente si collega all’esigenza della Liguria e del suo sistema portuale di essere finalmente connessa ai suoi mercati di riferimento, per il porto, per l’industria e per il turismo. Anche in questo caso però, se vediamo il quadro delle infrastrutture, le opere concluse o in corso sono rappresentate da interventi partiti tutti prima della sua gestione: il valico, il nodo, la piattaforma di vado, la strada a mare di Cornigliano, le varianti Aurelia di Genova e Spezia. Mentre l’unica opera importante che mancava a questo elenco, la gronda di Genova è ancora ferma al palo.
Se L’Italia in pochissimo tempo è in grado di ritornare al PIL 2019, ogni regione deve puntare sul sui suoi asset più forti per contribuire a questo grande sforzo di rilancio del Paese. Non c’è dubbio che, storicamente, l’economica marittimo portuale costituisca il settore più forte e robusto dell’economia ligure. Abbiamo tre porti molto importanti, ora riuniti sotto due autorità di sistema portuale, che da sempre costituiscono il “sismografo” che registra fedelmente le fasi di crisi e quelle di nuovo sviluppo. Infatti non appena la ripresa è partita, sono tornati a crescere i traffici di importazione e esportazione delle merci. Abbiamo già descritto le opere infrastrutturali che servono al nostro sistema portuale per essere meglio collegarlo con i suoi mercati di riferimento. Ovviamente però sono necessari anche interventi dentro i porti, in parte già realizzati. E’ nata e funziona la nuova piattaforma per i contenitori di Vado Ligure, la nuova diga del porto di Genova è certamente un’opera simbolo a livello nazionale mentre il prossimo passaggio che partirà è il riordino complessivo dello scalo spezzino che consentirà anche di realizzare il nuovo waterfront urbano a Calata Paita. Naturalmente anche i nostri scali devono vivere queste trasformazioni, come tutti gli altri settori, nella logica piena della transizione ecologica. Non è ormai possibile immaginare alcun intervento che non tenga insieme funzionalità con il pieno rispetto dell’obiettivo di decarbonizzazione, sviluppo delle fonti rinnovabili: non a caso tutte le realtà portuali o hanno già realizzato il cold ironing oppure sono in gara per ottenere del PNRR e raggiungere questo obiettivo. Occorre però aggiungere che gli investimenti in banchina e in generale tutte le opere infrastrutturali non sono sufficienti se non si realizzano politiche intelligenti per utilizzare al meglio i nuovi investimenti per il trasporto di persone e delle merci. Per questo si parla sempre di più di logistica integrata e di intermodalità puntando in primo luogo sul trasporto via acqua e in secondo luogo sulla modalità ferroviaria, vero punto debole della logistica italiana e anche di quella ligure, dove però Spezia si segnala per essere il punto di riferimento più avanzato del nostro sistema portuale regionale.
Naturalmente il tema della transizione ecologica non si limita agli investimenti sulla portualità, ma deve rappresentare un modo di pensare costante e univoco in tutte le attività economiche. Dal porto all’industria, con particolare riferimento quella ad alta tecnologia, dal turismo al commercio tutto deve essere pensato in funzione di questo obiettivo straordinario di frenare il riscaldamento globale con politiche ormai definite che hanno come obiettivo in primis la decarbonizzazione completa e in seguito il pieno superamento della produzione di energia da fonti fossili. Da questo punto di vista nella nostra regione va segnalato la progressiva chiusura delle centrali a carbone: prima Tirreno Power a Vado poi la Centrale Enel di Genova e tra poco l’altra centrale della Spezia. Il nostro profilo storico di regione a fil di costa ha fatto si che si siano concentrate qui queste attività di produzione dell’energia per la facilità di accosti, al servizio dell’intero Nord Ovest. E’ interessante immaginare ora un nuovo profilo della Liguria con produttore di energia che anziché di usare le banchine per le navi che trasportavano carbone usi il sole e il vento.
Serve, anche, un investimento ancora maggiore sul tema delle comunità energetiche, uno più forte sulle reti di competenze in materia di energie che la nostra Regione può esprimere. Player nazionali, Università, l’Istituto Italiano di Tecnologia vanno messi a rete con maggiore forza rispetto a quello che è l’iniziativa della nostra Regione. Un passaggio fondamentale è quello delle iniziative sul dissesto: dai fondi per la progettazione, agli investimenti sui muretti a secco, alle misure per la pulizia dei fiumi, pensiamo che siano fondamentali e che piuttosto che investire 4 milioni di euro per la comunicazione istituzionale, i soldi vadano investiti lì, tra i piccoli comuni, tra le realtà delle aree interne che spesso si sentono abbandonate dalla politica. E per questo, per un tema come quello dei danni che gli animali selvatici causano, proponiamo un fondo per gli incidenti stradali e incentivi per le reti di autoproduzione. Sembra una misura minore, ma è fondamentale per chi vive, lavora nell’entroterra.
Detto questo le rilevanti risorse disponibili e l’auspicabile sblocco del PEF di ASPI consentirebbero di ridare vita a un “decennio degli investimenti”: per completare le opere avviate e far partire finalmente quelle che ancora sono sulla carta. Su questo terreno lei troverà attenzione e disponibilità al confronto del Gruppo del PD perché non c’è crescita senza investimenti capaci di sfruttare al meglio le indubbie capacità logistiche della nostra regione.
Mi consenta però di dire Signor Presidente che l’unico investimento che dipendeva esclusivamente dalla Regione dopo 6 anni è ancora fermo all’anno zero. Mi riferisco all’ospedale del Felettino, progettato, finanziato e appaltato dalla nostra amministrazione di centro sinistra che voi, attraverso una gestione molto discutibile: non siete stati capaci di portare avanti, fino ad arrivare alla beffa per la comunità spezzina, è cosa di questi giorni, che una parte delle risorse destinate al loro ospedale verranno dirottate verso altri nosocomi liguri. Eppure è chiaro che il Sant’Andrea è di gran lunga l’ospedale ligure più vecchio e inadeguato e l’esigenza di un ospedale moderno per la seconda città della Liguria è un obiettivo non rinviabile.
Sappiamo che lei ha messo in campo una nuova ipotesi che vorremo che ci spiegasse bene, intanto è chiaro che i costi sono andati alle stelle e andrebbe spiegato perché. Ci dovrebbe spiegare a quanto ammontano le “false spese” per tenere in piedi un cantiere pressoché inattivo. Ci può dare la cifra esatta di quanto si è speso senza produrre sostanzialmente nulla? Si è parlato di un coinvolgimento di privati che dovrebbero apportare le consistenti risorse che mancano. Sarebbero loro a gestire il nuovo ospedale per un certo numero di anni? E il rateo annuale da pagare per risarcire il loro investimento, ribadisco di privati, a quanto ammonterebbe? E per quanti anni dovrebbe durare questo impegno finanziario? E soprattutto chi dovrebbe farsi carico di questa spesa?
E’ chiaro che la rata annuale dovrebbe essere pagata dalla ASL5, ma queste risorse andrebbero a defalcare quelle per i servizi cittadini e la ASL di Spezia è quella più in difficoltà a mantenere un livello di servizi accettabile, tanto è vero che le fughe verso ospedali e ambulatori toscani sono altissime. Inoltre è una norma inaccettabile quella di trasformare il Gaslini in IRCSS pediatrico regionale. Questa riforma non può essere inserita all’interno di una discussione di bilancio ma c’è bisogno di una riflessione approfondita perché comporta una riorganizzazione del sistema sanitario ligure di cui la rete pediatrica, la rete dei servizi sono un passaggio fondamentale che non si può separare dal contesto complessivo.
E qui arriviamo ad un altro punto. Avevate promesso che avreste abbattuto le liste di attesa e invece abbiamo visto un aumento delle fughe anche negli anni precedenti al Covid. Mentre negli ultimi mesi, anche quando la pandemia aveva smesso di mordere, avere una prestazione sanitaria in tempi ragionevoli era praticamente impossibile. La destra lasciò nel 2004 un disavanzo di oltre 300 milioni di euro, unica regione del nord a finire in piano di rientro. Con interventi di ogni tipo si è riusciti a rimettere i costi in equilibrio con una quota di fiscalità dedicata prima più rilevante e poi assai più ridotta. Avete promesso che avreste fatto anche la vostra parte cancellando del tutto la fiscalità dedicata e non lo avete fatto in sei anni e mezzo neanche nella fase pre covid. Quindi il vostro bilancio sulla sanità è negativo sotto ogni punto di vista, non è partito il Felettino, non è partito il Galliera, sono aumentate fughe e lista di attesa ed è rimasta la fiscalità: non avete raggiunto in questi anni nessuno degli obiettivi indicati. Avete impostato per cinque anni, con l’Assessore Viale e il Commissario Locatelli, il modello Alisa, un fallimento epocale, che avete frettolosamente chiuso nei fatti, ma senza un disegno alternativo: dopo un anno vediamo andare avanti e indietro le competenze tra Regione ed Alisa, come sui contratti e sugli accreditamenti. Un segnale di confusione. E i numeri lo dimostrano. Avete annunciato lo scorso anno il raggiungimento del pareggio del disavanzo, ma era una manovra propagandistica: tanto’è che quest’anno il disavanzo è di nuovo di 35 milioni di euro, nonostante le risorse in più messe in campo dal Governo. E lei Signor Presidente è la dimostrazione del vostro fallimento perché non ha ritenuto che ci fosse in tutta la sua coalizione una persona che potesse occuparsi della questione più rilevante della politica regionale, la gestione della sanità. Neanche nella fase Covid ha ritenuto di assegnare questa delega mantenendo su se stesso gli impegni della Presidente e quelli del Bilancio. Siamo ancora in attesa del Piano Socio Sanitario, e siamo di fronte a carenze strutturali di personale, di organizzazione di rete ospedaliera. Il piano Restart Sanità, che doveva impegnare 24 milioni di euro per il recupero delle fughe non sta dando i frutti sperati, soprattutto per il pubblico, e restano tanti problemi sul recupero di alcune prestazioni. Per questo proponiamo un piano straordinario per il recupero degli screening e dei percorsi di medicina preventiva. Potenziare il recall, agende di prenotazione aperte, accesso libero, informazione e coinvolgimento dei medici di famiglia, automatismo delle prenotazioni di esami per i percorsi di follow up, per fare alcuni esempi. Altro tema è il recupero delle prestazioni di neuropsichiatria infantile, con azioni straordinarie che ad oggi non vediamo, e un piano per continuare nel percorso di esenzione da visite ed esami di chi soffre di sindromi long COVID. C’è poi un tema che è quello del benessere psicofisico, una questione che l’epidemia ha ancora di più amplificato. Proponiamo due iniziativa. La prima è legata agli effetti di stress e di burnout del personale sanitario e socio sanitario, esposto da più di due anni ad una pressione insostenibile: proponiamo un piano d’azione, fatto di counseling, supporto psicologico, uno studio approfondito delle condizioni del benessere dei nostri operatori sanitari. La seconda è legata alla prima attuazione dei servizi di psicologia di base: la pandemia ha amplificato i problemi di salute mentale, aumentano depressione, ansia, soprattutto tra i più giovani. Nelle ultime settimane questo Consiglio Regionale ha votato l’ampliamento dei servizi di psicologia di base, come primo punto di accesso per affrontare questa situazione. Chiediamo di dare attuazione a questa misura.
La debolezza della Regione si è vista anche in altri campi, non si è messo più alcun argine alla crescita incontrollata della GDO (grande distribuzione organizzata). E in un momento di grave difficoltà del commercio di prossimità, danneggiato dalla pandemia e dall’ e-commerce la proliferazione di grandi supermercati in una regione che ha una forte decrescita demografica pone i piccoli commercianti in una situazione molto difficile. Per questo va bene i finanziamenti per i CIV di 2 milioni ai sensi dell’art. 26 bis della l.r., una forma interessante dell’offerta commerciale diffusa in una logica integrata, dal punto di vista merceologico ma anche volta ad organizzare eventi che attraggano cittadini e clienti nei rispettivi territori. Ma dobbiamo fare in modo che questo aumento dei fondi per il CIV sia limitato all’anno elettorale di Genova e Spezia (l’anno passato era a zero): ma tutto il tessuto produttivo ligure va aiutato in un arco di tempo più ampio. Una parte consistente dell’aumento del PIL è dovuto alle esportazioni e in un Paese, in particolare in una regione come la nostra dove le imprese sono mediamente molto piccole, diventa decisiva una politica di utilizzo dei fondi europei attenta all’integrazione tra imprese e alla loro internazionalizzazione. Ma queste imprese hanno anche bisogno di addetti più qualificati. E in questa fase di rilancio dell’economia che stiamo vedendo, accanto a tante persone ancora fuori dal mondo del lavoro tante imprese che cercano disperatamente personale qualificato che non trovano. Sta per partire una nuova programmazione dei fondi europei 2021-2027. In Liguria un ragazzo su cinque non studia e non lavora, a Imperia quasi uno su tre. Nell’anno della pandemia i NET in Liguria sono cresciuti del 2.4%. E la disoccupazione giovanile, secondo l’ultimo dato ISTAT disponibile, è al 30% tra i 15 e i 24 anni. Sono i giovani che più di tutti hanno pagato il prezzo della crisi e della pandemia. Non possiamo più permettercelo. Proprio da loro dobbiamo ripartire offrendo una visione concreta e una progettualità per poter costruire il loro futuro.
Le risorse del fondo sociale europeo, quindi, non possono essere usate come una mera riproposizione dei programmi delle precedenti pianificazioni. Il Covid ha cambiato moltissime cose: pensiamo all’e-commerce, alla digitalizzazione, allo sviluppo delle tecnologie e alle tante innovazioni che hanno cambiato questo periodo. Sarebbe gravissimo se l’offerta formativa non fosse sempre più orientata verso settori fortemente innovativi come quelli indicati. Qui si misura la capacità di una Regione di tenere il passo con un Paese che cresce velocemente, noi invece non solo non siamo ai primi posti ma arranchiamo spesso nelle retrovie. Ma se il fondo sociale può finanziare efficacemente progetti di formazione mirati, per un rinnovo quantitativo e qualitativo della edilizia scolastica si può contare su fondi dedicati del PNRR, a dimostrazione di quanta capillarità abbia orientato le scelte del governo per orientare le risorse in tutti i settori più strategici della nostra vita sociale, a partire dalle esigenze delle nuove generazione. E’ solo un primo passo, ma non si può rimanere inermi rispetto al fatto che tantissimi ragazzi o decidono di fare l’università fuori dalla Liguria oppure, appena finita l’Università, decidono di andare a lavorare in altre regioni. E spesso non tornano. Proponiamo una prima misura che dica una cosa semplice: le aziende che assumono giovani laureati liguri in settori strategici possono godere di incentivi fiscali, a partire dall’esenzione IRAP per tre anni. Vale per chi studia qui, sia per chi, dopo aver studiato nella nostra Regione, ha fatto l’Università fuori. La perdita di capitale umano e dei giovani deve essere la nostra prima priorità. Aggiungiamo un’ulteriore proposta: quella di un patto tra generazioni, usando i fondi comunitari per incentivare l’assunzione di under 35 con un contributo allo scivolo pensionistico di persone prossime alla pensione. Sono solo alcune prime iniziative di una strategia più grande che purtroppo manca.
Il Governo ha detto una cosa chiara: non si può mettere a terra il PNRR se non si moltiplicano le stazioni appaltanti coinvolgendo pienamente tutte le articolazioni della pubblica amministrazione, a partire dagli 8 mila Comuni italiani. Il PNRR mette a disposizione risorse per i diversi settori, sono partiti i bandi per le assunzioni di tecnici qualificati per aiutare anche gli enti locali, ma i Comuni specie quelli più piccoli hanno bisogno di un fondo per la progettazione degli interventi, perché a loro non bastano le risorse per la costruzione e assunzioni qualificate per la questione degli appalti e dei lavori. E questa è un’esigenza che poniamo all’attenzione della Giunta, suggerendo di utilizzare la controllata IRE e dedicare quota parte del fondo strategico per progettazioni a favore dei Comuni, in particolari per i più piccoli. Chiediamo che si ponga attenzione ai progetti per la difesa del suolo, particolarmente importanti per le realtà dell’entroterra che rischiano frequentemente l’isolamento a causa dei franosi versanti non più opportunamente manutenuti. Questo è un anno decisivo per bandi e progetti, e investire tutte le risorse disponibili per ottenere qualità dei progetti e per far sì che i piccoli comuni possano competere. Chiediamo quindi un cambio di passo e di mettere in campo un’iniziativa simile a quella che pensate di adottare per la gestione del PNRR Sanità. Servono progetti aggiornati, al passo coi tempi, e serve anche un’azione di supporto successivo nella gestione dei fondi.
Correttamente va aiutato, attraverso un aumento di risorse, uno dei settori che ha pagato di più la crisi dovuta al covid: quello della cultura con 526 mila euro e lo spettacolo dal vivo con 330 mila euro, chiediamo però uno sforzo maggiore. Ma ci sono altri settori che hanno bisogno di una programmazione di fondi più attenta e strategie chiare. La scorsa estate, complice la difficoltà di andare all’estero a causa del Covid il turismo ligure ha avuto una crescita straordinaria, soprattutto dovuto alla grande presenza di ospiti italiani. I nostri luoghi di villeggiatura, costa, entroterra e città d’arte si sono fatti conoscere e hanno aiutato il settore a uscire da una crisi realmente drammatica perché non c’è dubbio che il settore del turismo sia stato quello che ha pagato di più il lungo inverno della pandemia. Anche per queste attività economiche servono infrastrutture ma servono anche politiche di marketing territoriali omogenee e coordinate: si fa fatica a credere che qualcuno venga a passare le vacanze nella nostra regione per il logo della Mia Liguria appiccicato alle maglie delle nostre tre squadre della massima serie. Operazione costata 300 mila euro. Noi abbiamo bisogno di far conoscere le strade dell’olio, quelle del vino, l’outdoor del finalese, i sentieri delle cinque terre e il nostro straordinario patrimonio artistico e culturale. Cerchiamo di essere seri e di investire su questa ricchezza, non su una photo opportunity pagata a caro prezzo.
E poi il lavoro. Partiamo dalla sicurezza. Quest’anno in Italia sono oltre 1000, in Liguria venti. L’ultimo caso tragico sabato a Torino. Serve formazione, servono investimenti per i settori più a rischio, serve un piano regionale per la prevenzione, e un rafforzamento delle strutture di controllo. Un nostro emendamento va in questa direzione, di dare centralità alla sicurezza in una fase in cui tantissimi saranno i cantieri pubblici e privati collegati al PNRR. Non si può accettare che si possa derogare alle misure di prevenzione nel momento in cui si deve investire. La sicurezza va al primo posto. Anche in settori come quelli dell’economia digitale: per questo proponiamo maggiori misure per la sicurezza sul lavoro per i riders, che nei fatti sono lavoratori dipendenti, e hanno bisogno di piani di sicurezza, di una organizzazione del lavoro che li garantisca. E nell’ambito dell’economia digitale proponiamo di lavorare su nuove idee che riguardano lo smartworking: con lo smartworking il lavoro è ritornato nelle nostre case, ha riempito le nostre vite private. Organizzare lo spazio dello smart, con luoghi fisici organizzati e potenziati, con mense, spazi comuni, nidi, fuori dalle case è un modo di stabilire un modello virtuoso di lavoro.
Poi c’è il tema dei diritti. L’emergenza della violenza sulle donne impone investimenti maggiori, sui centri antiviolenza, per chiedere il pagamento delle spese legali alle donne vittime. Proponiamo di riaprire la discussione sul contrasto alla ludopatia e sulla regolamentazione degli spazi e delle distanze delle slot dai luoghi sensibili. Dopo la pandemia la situazione è peggiorata e chiediamo entro l’anno di fare un salto di qualità su questo tema. Così come chiediamo di mettere in campo azioni per il ripristino del diritto alla socialità, allo sport. Il vostro mancato sostegno alle associazioni sportive l’abbiamo criticato, e al netto della dote sport, non c’è una strategia su questo. Con i nostri emendamenti vi proponiamo un pacchetto di misure economiche per dare “respiro” reale a chi in questi anni ha faticato.
I colleghi del gruppo nella discussione generale spiegheranno nel dettaglio tutte le nostre proposte, perchè siamo convinti che sia un momento straordinario e servano iniziative straordinarie. Non si fa politica con gli eventi e con gli annunci, ma con visione e l programmazione, per dare un futuro.
L’epoca degli spot è finita.