Porto, quei 4 millimetri che frenano la corsa del porto. Sanna: “Intervenire subito”

Repubblica Genova di giovedì 10 giugno 2021
di Minella Massimo

Il dibattito di Repubblica sul rilancio dello scalo facendo leva sulle nuove opere stradali e ferroviarie. Il vicepresidente del consiglio regionale: “La pendenza eccessiva ferma i treni blocco da 750 metri, terminalisti preoccupati, serve una verifica immediata con Rfi e authority” Quanti container rischiano di restare al palo per 4 millimetri? Tantissimi. L’ultimo paradosso del porto di Genova riguarda la pendenza massima di una tratta ferroviaria che supera appunto di 4 millimetri il limite massimo di 12, rendendo impossibile organizzare quei treni blocco da 750 metri che, a pieno carico, possono essere trainati da un solo locomotore. Nella tratta parco Campasso-Bivio Fegino la pendenza è infatti di 16 millimetri.

A portare alla luce la vicenda, dopo un lavoro di verifica compiuto con alcuni terminalisti del porto, è il consigliere regionale Pd Armando Sanna, vicepresidente del consiglio.

Sanna ha analizzato il sistema ferroviario metropolitano della Valpolcevera, in particolare sulla connessione tra il sistema Terzo Valico-Nodo e il Bacino portuale di Sampierdarena, trovando evidenza di una situazione che rischia di compromettere il piano di rafforzamento del ferro all’interno dello scalo. Oggi via treno si sposta solo il 15% del traffico complessivo dei container. L’obiettivo è il raddoppio in pochi anni di questa quota ed è quindi facile capire che la partita vale centinaia di migliaia di container. Se così fosse, in effetti, in questa tratta sarebbe necessario ricorrere alla doppia trazione (cioè due locomotori) oppure usare treni meno performanti. «Una soluzione inaccettabile per il primo scalo italiano che vede finalmente la possibilità di collegarsi, attraverso il valico, ai suoi mercati di riferimento italiani ed europei» commenta Sanna che sta seguendo il dibattito aperto da Repubblica sui nuovi collegamenti stradali e ferroviari fondamentali per sostenere il rilancio del primo porto d’Italia. «Questa circostanza è tanto più inaccettabile — continua Sanna — perché, mentre sono in avanzata attuazione gli interventi per il sistema Nodo-Valico, per un valore di quasi 7 miliardi, sta per partire anche l’operazione della nuova diga, opera strategica nazionale del costo di oltre un miliardo». Sarà ora necessario compiere le opportune verifiche con Rfi e l’authority, ovviamente, ma è fondamentale dare il più in fretta possibile quelle risposte che non riguardano solo il porto, ma anche la Valpolcevera che non si può più intendere come territorio di servitù, ma deve avere in cambio soluzioni concrete, a cominciare dagli spazi e da un trasporto pubblico adeguato che possa contare sulla metropolitana. «La preoccupazione degli operatori privati è evidente, perché i terminal di Sampierdarena avrebbero un danno notevole da questo — aggiunge Sanna — Se questa circostanza fosse confermata allora il ridisegno dell’ultimo miglio, nato per le merci, andrebbe ridefinito sia per rispettare gli abitanti della Valpolcevera, sia per servire meglio la merce, obiettivo per cui il progetto è nato. Il progetto andrebbe quindi cambiato, anche se si dovesse affrontare maggiori spese, perché un complesso di opere così costose come quelle di Valico, Nodo e Diga, non può essere compromesso da una inefficienza limitata a un paio di chilometri, ma molto penalizzante».

Il vicepresidente del consiglio regionale riflette sulle possibili soluzioni, a cominciare dall’allungamento della tratta, così da ridurne la pendenza riportandola entro il limite dei 12 millimetri. «Sarebbe l’unico modo di cambiare l’altimetria, essendo fissati i due estremi della tratta con la pendenza eccessiva — dice Sanna — Un tracciato con uno sviluppo leggermente più lungo ridurrebbe la pendenza. Questo nuovo tracciato allontanerebbe inoltre i binari per le merci del Porto dall’abitato di Certosa, accogliendo le preoccupazioni degli abitanti della Valpolcevera. Inoltre il rilevato ferroviario potrebbe essere opportunamente utilizzato per il prolungamento della metropolitana. Superando l’attuale progetto minimale, fino all’ex Filea, molto impattante per alcuni edifici, si potrebbe sviluppare un tracciato assai più lungo fino a Bolzaneto e Pontedecimo. E chiaro che utilizzando il rilevato ferroviario si avrebbero costi minimi per la linea e non sarebbe neppure necessarie costose stazioni, ma semplici fermate». Un intervento infrastrutturale di questa natura andrebbe ovviamente letto in un senso più ampio, tenendo conto del ridisegno urbanistico di una porzione di città che allo sviluppo dei traffici e dei trasporti, sovente irregolare, ha già pagato un prezzo particolarmente salata.

«L’ipotesi prospettata riguarderebbe solamente la parte più a ponente del Parco del Campasso — spiega Sanna — da qui partirebbe il bypass per il bivio Fegino, mentre la parte restante potrebbe essere utilizzata per un’operazione di equilibrio urbanistico, uno spazio da ridare alla Vallata e ai suoi cittadini. Si tratterebbe di un grosso risarcimento per un vallata in termini di equilibrio ambientale e territoriale e con un offerta trasportistica per i cittadini del tutto nuova e paragonabile con quella che sarà a disposizione del ponente genovese non appena conclusi i lavori del nodo, cioè la metropolitana ferroviaria». Resta un interrogativo pesante, di fronte a un piano tanto articolato. Un’offerta integrata così importante di trasporto sul ferro può essere gestita separatamente da Trenitalia e Amt oppure è giunto il momento di immaginare un soggetto unico che gestisca il servizio, al meno su ferro, in modo integrato? «Se questa fosse l’ipotesi — chiude Armando Sanna — sarebbe logico che anche l’intervento infrastrutturale ancora da realizzare, cioè l’ultimo miglio ferroviario e il prolungamento della metropolitana verso l’alta valle, fosse realizzato congiuntamente da Amt e Rfi, essendo quest’ultima, come Trenitalia, una società che fa capo alla stessa holding, cioè le Ferrovie dello Stato».